Certificazione energetica degli edifici: buoni segnali, ma la strada è ancora lunga

0

I dati presentati nelle ultime settimane da ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) e CTI (Comitato termotecnico italiano) dimostrano come il paese abbia tutto l’interesse a perseguire la via della riqualificazione energetica degli edifici, puntando al miglioramento della classe di appartenenza per le abitazioni già esistenti e datate, e scegliendo abitazioni nuove che possano garantire da subito la classe energetica più alta (aspetto recepito chiaramente dal settore edilizio, che punta a costruire solo nuovi edifici efficienti.

Il nuovo rapporto relativo all’anno 2020 non considera soltanto l’andamento degli ultimi mesi, ma consente di verificare anche cosa è stato fatto negli ultimi anno sul piano delle certificazioni energetiche degli immobili.

I dati presentati danno un indirizzo tutto sommato positivo; relativamente al periodo 2016-2019 si è riscontrato un aumento di edifici residenziali con elevate prestazioni energetiche (classe A1 o superiore) e questo risultato è stato raggiunto grazie all’aumento degli interventi di ristrutturazione edilizia su edifici datati, ma soprattutto con la costruzione di nuovi appartamenti già predisposti per essere al top dal punto di vista della gestione dei consumi energetici.

Un patrimonio edilizio datato e che necessita di essere riqualificato

Quello che rimane da fare è però ancora molto, se si vuole svecchiare realmente un patrimonio edilizio datato e dove per la maggior parte gli edifici si ha una classificazione energetica scadente.

In particolare, dal censimento risulta che almeno il 60% degli immobili presenti attualmente su suolo italiano, appartengono alle ultime due classi energetiche, ossia la F e la G, mentre si arriva all’8% per gli edifici residenziali con le classi energetiche più elevate e quindi performanti (nelle 4 classi A e nella B).

Un numero così elevato di edifici in classi così scadenti, deriva dal fatto che:

  • Molti edifici residenziali in Italia sono vecchi, una buona parte sono addirittura risalenti al periodo compreso tra il secondo Dopoguerra e l’inizio degli anni’70 (circa il 30%), ma la cosa incredibile è che un buon 25% risulta ancora più datato (un periodo che intercorre dai primi anni del’900 fino al 1945). Di contro solo il 3% degli edifici esistenti risulta essere costruito negli ultimi 15 anni!
  • Edifici residenziali così vecchi non possono essere stati progettati con criteri volti all’ottimizzazione energetica, la stragrande maggioranza di essi non hanno mai conosciuto un basilare intervento di isolamento termico e di sicuro molti di essi necessitano di interventi di ristrutturazione con i quali poter implementare anche un’opera di riqualificazione energetica. Risulta ovvio che in queste condizioni sia scontato ottenere l’ultima o la penultima classe, con il rischio di vivere in appartamenti che consumano troppo e sprecano, portando ad ottenere bollette salatissime.

In particolare emerge che per gli immobili residenziali costruiti fino all’inizio degli anni ’90 vi è una netta prevalenza delle classi energetiche peggiori (difficile che voi troviate un condominio degli anni ’70-’80 che non sia in classe G o F ad andare bene). La cosa sembra migliorare in seguito, in particolare negli immobili costruiti negli anni ’90 e nella metà degli anni 2000 si dimezzano quasi i casi relativi alle classi energetiche peggiori, con tendenza al miglioramento progressivo all’avvicinarsi ai giorni nostri.

In particolare gli immobili costruiti negli ultimi 5 anni sono in buona parte iscrivibili nel gruppo di edifici con le classi energetiche migliori, ossia dalla A4 alla B, un dato che fa ben sperare per il futuro e che segna una inversione di tendenza netta (rimanendo comunque un punto di partenza e non di arrivo, se consideriamo quanti sono gli edifici presenti in Italia che necessitano di miglioramenti e lavori di riqualificazione).

Un miglior risultato sembra esserci per i cosiddetti edifici non residenziali (sede di uffici ed attività commerciali), dove il 10% risulta essere nelle classi energetiche migliori, mentre almeno la metà è inserito nelle classi energetiche intermedie (quindi non comprendenti le ultime due, F e G). Questo sta a significare che, rispetto al comparto residenziale, sembra esserci una maggiore propensione ad investire sull’efficientamento energetico.

Buoni segnali che devono rappresentare un punto di partenza, non di arrivo

Cosa stanno a significare questi dati? Che evidentemente, nonostante ci sia ancora moltissimo da fare, sembra che il tema della riqualificazione energetica stia prendendo sempre più piede nel nostro Paese, con molti proprietari di edifici autonomi, ma anche condomini, che stanno considerando la possibilità di effettuare lavori di ristrutturazione approfittando anche dei numerosi incentivi fiscali disponibili attualmente (pensiamo al Superbonus 110%, la grande novità del 2020, ma anche i già presenti Ecobonus e Sismabonus, che danno possibilità di avere incentivi interessanti e di facile realizzazione).

Come detto vi è comunque moltissimo ancora da fare per assicurarsi il miglioramento della classe energetica di casa, in pratica buona parte del patrimonio edilizio esistente necessita di interventi importanti di riqualificazione, anche per questo è necessario che le normative per l’accesso agli incentivi fiscali siano assolutamente chiare (e soprattutto per il nuovo Superbonus ci sono molti punti ancora oscuri) e si deve inoltre sensibilizzare l’opinione pubblica su quelli che sono i reali vantaggi che porta una riqualificazione energetica (non solo bollette meno care, ma anche qualità della vita migliore grazie al miglioramento del benessere termico, aumento del valore dell’immobile riqualificato in sede di vendita ed aiuto nei confronti dell’ambiente con minori emissioni).

CONDIVIDI